
Lo scorso 8 ottobre si è svolta la XXVIII edizione del concorso nazionale di pittura e scultura Premio Arte Martinengo. Un appuntamento caro agli amanti dell’arte e ai pittori dilettanti e professionisti, che da ormai 28 anni colora il centro storico di Martinengo (BG). Quest’anno è stato impreziosito dalla speciale mostra “cARToons: come nasce un capolavoro”, visitabile dal 6 ottobre al 1° novembre presso il Filandone di Martinengo.
Tanti gli artisti che hanno partecipato riempiendo il nostro centro storico di colori e bellezza. Quest’anno il tema della sezione estemporanea era: “Martinengo, un borgo da favola”, richiamando il magico mondo Disney che sta colorando il Filandone.
La giuria ha infine proclamato i vincitori della competizione. Di seguito la classifica delle due sezioni:
Categoria Estemporanea
- 1° classificato: Paola Spreafico
- 2° classificato: Maria Karelina
- 3° classificato: Silvio Papale

Nel lavoro di Paola Spreafico ha colpito la classicità ed in un certo senso quella volontà di “ritorno all’ordine” che comunica.
In epoca, quella strettamente attuale, nella quale il digitale e il virtuale dominano, ha rimesso al centro la buona tradizione, non banale né retorica, né puramente illustrativa – al limite – citazionista, sicuramente colta.
Mescolando le varie architetture del paese ha ricreato una divertente visione di Martinengo impossibile e immaginifica.
Un tromp l’oeil arricchito dalla soluzione “a teatrino” che rimanda a quelle recite di provincia perfettamente in sintonia con un certo sentimento “glocal” che si contrappone a quel global style che omologa e appiattisce ogni forma di arti visive dell’epoca contemporanea.
Infatti anche l’arte da una ventina d’anni non si sottrae a quei meccanismi tipici della moda e dell’arredamento inseguendo uno “stile globale” delle arti contemporanee che risultano sempre più simili e senza soluzione di continuità da Pechino a Berlino, da Milano a New York.
Appare pertanto perfettamente anacronistico il lavoro di Paola ma proprio per questo originale se non addirittura “rivoluzionario”.

La notte si fa magica a Martinengo nella tela dipinta dall’artista Maria Karelina, che, con la sua tavolozza ricoperta in gran parte di blu e di lilla, ci regala un’atmosfera in pieno stile Disney.
Sullo sfondo tutto si prepara all’arrivo della sera: il cielo piano piano si riempie di stelle, una traccia di luna quasi in eclissi si mostra timidamente, una modesta dose di nuvole rosa affronta il buio, le finestre delle abitazioni si illuminano. Eppure il silenzio di questi elementi è rotto da una chitarra che suona d’amore, le cui note si trasformano magicamente in una spolverata di stelle luminose.
Ed è proprio sui protagonisti che si posa il nostro sguardo. Dei protagonisti un po’ speciali, bisogna dirlo. Infatti, di gatti innamorati sui tetti a fissar la luna ne abbiamo visti tanti nelle opere di poeti, scrittori, illustratori e persino nel celebre film gli Aristogatti, ma avete mai immagino dei topi? Eh sì, anche i topi si innamorano, proprio come Mickey Mouse e Minnie, qui disegnati come nella versione di Walt Disney degli anni ’30 del secolo scorso. Forse a sottolineare che le serenate siano gesti d’altri tempi ormai passati? Non possiamo saperlo, tuttavia, Minnie sembra gradire il gesto romantico di Topolino lasciandosi cullare dalla poesia del momento.
Per percepire la melodia possiamo affidarci solo all’immaginazione, tanto cara alla fabbrica dei sogni più famosa del mondo. Di reale ci resta solo la citazione delle architetture più conosciute di Martinengo: il maestoso Filandone che con la sua altezza sovrasta i tetti delle case e il campanile dell’ex monastero di Santa Chiara. Tutto il resto è fantasia.

Silvio Papale nella sua opera condensa il proprio stile narrativo centrando perfettamente il tema del concorso “Martinengo da favola” su più livelli. Da una parte la figura evidente e predominante di Pinocchio collega immediatamente la composizione alla sfera della favola, del racconto, della finzione, dell’immaginazione. Una visione più approfondita rivela poi che ogni dettaglio inserito nella composizione fa riferimento alla favola, sia gli elementi dipinti che quelli applicati, rivelando una meticolosità di ricerca in favore di una coerenza di significato. La favola allora si manifesta su più livelli, spostandosi da un livello visivo infantile/giocoso legato ai film Disney, a quelli più attuali e concreti rappresentati dalla lettura: i riferimenti al mondo delle biblioteche, la presenza di Charles Dickens in alto a sinistra o l’atto di sfogliare un libro rappresentato dall’inserto in basso a destra.
Questo mix di “favole” di diverso genere, spessore e sentimento è amplificato dalla tecnica stessa, che conduce Papale a creare un’opera multi strato e multi espressione, in cui ogni elemento è in relazione e contrapposizione con gli altri, in un caleidoscopio che ruota intorno al tema richiesto. Anche nella percezione generale, l’opera oscilla tra la cupezza e la serietà veicolata dalla presenza massiccia del colore nero sia nella stampa che nella pittura, e la leggerezza e frivolezza di colori più accesi e vivaci che emergono da questo fondo, portandoci a domandarci quale sia il ruolo della favola nella società di oggi.
Categoria Contemporanea
- 1° classificato: Sara Garro
- 2° classificato: Bartolomeo Spanò
- 3° classificato: Barbara Sandri

“Passami il mantello nero
La mia spada da torero
Oggi salvo il mondo intero
Con un gioco di magia”
Un gioco di magia, e chi meglio di un bambino può
realizzarlo?
Come recita il verso della canzone “Il costume da torero” di Brunori Sas, a cui
l’artista si è liberamente ispirata, serve la magia per salvare il mondo
intero.
“Non sarò mai abbastanza cinico da smettere di credere che il mondo possa essere migliore di così”, continua il cantautore e Sara Garro trasporta nell’opera questo scarto tra realtà e ideale, giocando sapientemente sul contrasto dato dalla garbata leggerezza delle cromie e la mestizia della scena in primo piano. Il toro è solo un’ombra, non una bestia vera, e l’atto cui sarebbe inevitabilmente destinato sfuma, elegantemente e inaspettatamente, grazie ad una spada che termina con un cuore al posto della lama tagliente.
Ci vuole un coraggio da torero per affrontare un mondo pieno di brutture e di paure, vere o presunte che siano. Il coraggio per affrontare ogni situazione viene da dentro, dalla volontà di cambiare le cose, di sfidare le consuetudini, di osare e provare a invertire la rotta contro un cinismo della ragione che sembrerebbe non lasciare scampo.
L’opera è un delicato ma appassionato inno alla vita, al
coraggio, all’amore. È la stessa artista a sottolineare che se si ama, non si
sbaglia mai.
E’ il fanciullino che c’è in ognuno di noi che sa vedere oltre la realtà,
perché il coraggio di immaginare e credere in un mondo “migliore di così” si
avvera solo se si parte da noi stessi, come canta Brunori Sas e come ci
suggerisce l’artista Garro, frugando nel profondo del nostro animo, magari
scorgendo – seppur nascosto da un mantello nero – quanto forte pulsa ancora il
nostro cuore.

Il soggetto dell’opera riprende uno scatto parte del libro fotografico intitolato RAMP, Viaggio nel profondo delle miniere di zolfo siciliane, in cui l’autore Salvo Sportato, ritrae visioni dell’interno delle miniere di zolfo, dette appunto zolfare, disseminate lungo il territorio siciliano e ormai abbandonate da più di cinquant’anni. La raccolta vede come co-autore o co-protagonista lo scrittore Andrea Camilleri, che in occasione della pubblicazione di questo reportage fotografico, presta la propria penna in qualità di commentatore degli scatti.
A colpire Spanò è una fotografia che ritrae l’interno di un ascensore, utilizzato per trasportare in superficie le latte colme di zolfo ricavato dagli scavi. Il taglio è insolito, da sotto in su. L’artista infatti restituisce a sua volta una prospettiva vertiginosa sulla tela. Così come chi osserva l’opera, il fotografo prima e l’artista in seguito, dalla base del montacarichi indirizzano lo sguardo verso l’alto, ritrovandosi quasi fagocitati da un tunnel che sembra surrealisticamente continuare a ripetersi all’infinito, a sfondare lo spazio e forse anche il tempo, quel tempo dimenticato fatto di oscurità, fatica e polvere, tanta polvere, che caratterizzava il lavoro dei minatori. A restituire questa atmosfera ricca di pulviscolo, ruggine e storie depositate, forse non del tutto dimenticate grazie alle fotografie di Sportato, è il colore ferroso, materico, a tratti quasi tangibile grazie alla stesura tramite spatolature. Il ricordo vivido della dignità lavorativa di chi abitava e animava quegli spazi è ancora tangibile, anche grazie alla presenza di un paio di scarponi da lavoro, ritratti vicino al bordo inferiore della tela, una suggestione, un suggerimento che stimola a raccontare e scoprire storie lontane di vite segrete e vissute.

Questa vibrante prospettiva urbana non intende trascrivere la realtà ma interpretarla. La trama cromatica colpisce per le accensioni improvvise e vorticanti di luce e colore, fra tinte azzardate e fremiti emozionali che tessono un fitto dialogo tra la realtà, la memoria e l’immaginazione. Ne risulta la visione dinamica e non stereotipata di uno scorcio abitato, dove la presenza umana è evocata in assenza, grazie alla scomposizione efficace di piani e superfici in un gioco ininterrotto di riflessi dal ritmo pulsante e dal sapore pop.
Lo spazio è animato da una frenesia che da cromatica si fa emotiva ed è scandito da striature di verdi, di gialli, di rossi che tagliano l’atmosfera in un colpo d’occhio mosso e sognante.
Anche grazie a questa singolarità espressiva, la scena nel suo insieme si carica di significati simbolici cari alla pittrice, ma riesce altresì a suscitare la partecipazione emotiva dell’osservatore, coinvolto dallo spigliato approccio compositivo, dalla libertà dell’ impianto prospettico e dalla disinvolta fluidità dell’ispirazione.
Attraverso la fitta e coraggiosa tessitura di timbri che trasfigurano l’intera veduta , il panorama da esteriore si fa interiore, suggerendo l’intima e vitale inquietudine dell’artista.